Ortoleva, “Il cibo attira le bufale perché è uno strumento di conoscenza”

Peppino Ortoleva. Foto futura.it

Di Massimiliano Borgia

Peppino Ortoleva è uno dei importanti studiosi italiani della comunicazione. Sui meccanismi di trasmissione delle informazioni è un’autorità indiscussa nel panorama nazionale e internazionale. Insegna Comunicazione e cultura dei madia all’Università di Torino e interviene alla prima serata di martedì 24, al Circolo della Stampa per discutere di post verità, bufale e leggende metropolitane sul cibo, temi che studia da molto tempo.

Ortoleva parte dalla convinzione che le convinzioni errate, di massa, non sono solo figlie del nostro tempo, e che la nostra epoca potrebbe imparare dal passato.

«La fabbricazione delle notizie false – spiega Ortoleva – è antica quanto il giornalismo; la diffusione di voci e leggende (alcune con qualche fondamento di verità altre del tutto immaginarie) è molto più antica. Per quanto riguarda la falsificazione in ambito professionale si va dalla fabbricazione consapevole (alcuni osservatori francesi degli anni 1840 parlavano di “artisti” della notizia falsa per riempire le pagine in momenti di vuoto, senza dimenticare i fabbricatori professionali come gli agenti russi che costruirono i tristemente famosi “Protocolli dei savi di Sion”) alla notizia che viene pubblicata perché appare vera e si diffonde a valanga salvo essere dimostrata falsa in seguito».

Quali autori hanno parlato delle false notizie e cosa abbiamo ancora da imparare da loro?

«Ho trovato importanti lezioni sul tema in autori francesi come Honoré de Balzac e Gérard de Nerval, autore di una Histoire véridique du canard, come dire una storia vera delle notizie fasulle. Successivamente in un celebre saggio di uno storico, sempre francese, Marc Bloch, a proposito delle voci e delle false notizie che circolavano negli anni della grande guerra. E in un saggio preveggente degli anni Sessanta, dello storico americano Richard Hofstadter, sulle false notizie a tema cospirativo messe in circolazione in particolare, ma non solo, dall’estrema destra. Abbiamo molto da apprendere da ciascuno di questi lavori per capire l’oggi».

Il meccanismo della formazione delle convinzioni quanto è influenzato dal mezzo, è cioè dal web e dai social?

«I social network favoriscono naturalmente la circolazione rapida e senza controllo di informazioni vere o false di ogni genere. Io credo però che pesi ancora di più il fatto che si tratta di forme di comunicazione a cavallo tra oralità e scrittura, che hanno tutta l’irresponsabilità di molta comunicazione orale ma restano nel tempo come la comunicazione scritta di cui acquistano in parte l’oralità. In questo universo in crescita circolano moltissime “informazioni” alle quali viene accordata una fiducia solo parziale, ma circolano».

E’ giusto dedicare un così alto allarme sociale alla diffusione di notizie che “ci piacciono” ma che non sono vere? Al punto di dedicarci in tutti gli ambiti disciplinari alla post verità?

«Io credo che si debba meditare con maggiore attenzione sui meccanismi del fenomeno. Non mettiamo in circolazione notizie che “ci piacciono”, ma a volte notizie che ci sembra spieghino fenomeni difficili da capire meglio delle informazioni che abbiamo a disposizione: è il caso di molte delle leggende sulle cospirazioni. Come notava Hofstadter non si presentano coi segni dell’irrazionalità, ma al contrario spesso sembrano più coerenti di quanto possa essere qualsiasi realtà concreta. In molti casi più che notizie vere e proprie quelli che mettiamo in circolazione sono “segni”, che ci paiono indicatori del tempo in cui viviamo e del destino che ci attende.Come gli oracoli o gli oroscopi i “segni” non ci credono fede ma affidamento, di essere accolti come strumenti di orientamento in un mondo confuso».

Perché il meccanismo di diffusione di informazioni false o distorte coinvolge anche soggetti ad elevata istruzione?

«E’ stato detto che la propaganda ideologica influenzava spesso gli intellettuali perché si sentivano in diritto e in dovere di avere una spiegazione per tutto, e le grandi ideologie sono meccanismi onni-esplicativi. Oggi non so se si possa parlare più di intellettuali in senso stretto, ma il bisogno di capire aumenta con il livello d’istruzione, ma non sempre aumentano gli strumenti per difendersi dalle spiegazioni troppo coerenti, dai segni troppo suggestivi. Una persona abbastanza preparata per sapere che cos’è un vaccino ma priva di sufficiente competenza medica è il target ideali delle false voci sui vaccini».

E perché il cibo è una delle aree tematiche più colpite dalle fake news e dalle leggende metropolitane? 

«Il cibo è insieme un tema antichissimo e un tema di moda. E’ di moda perché mai come negli ultimi anni si è creduto nel cibo insieme come fatto estetico come strumento di conoscenza e anche come oggetto di dibattito giornalistico. Ma è anche un tema antichissimo, oggetto di leggende e miti in tutte le culture. In particolare, alcune figure negative a cominciare dall’avvelenatore e dall’antropofago sono presenti in molti universi leggendari. Diverse delle “false notizie” in materia parlano appunto di avvelenatori, le grandi multinazionali o il cibo “non genuino”, e non casualmente le vie di fuga consistono in forme di rinuncia, a singoli alimenti o a interi aspetti dell’alimentazione umana».

 

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