Ludovico Geymonat è stato un altro dei grandi filosofi torinesi.
Nato proprio a Torino nel 1908, si laureò in filosofia (nel 1930) e in matematica (nel 1932). Nella formazione filosofica l’influenza per lui più importante fu quella di Erminio Juvalta, che applicava il suo interesse per la matematica e la logica all’analisi dei problemi etici e politici.
Anche per Geymonat la scienza non era un linguaggio specialistico e autosufficiente, ma una pratica politica e un’azione che rivendica una validità universale.
Perciò nel suo insegnamento fu sempre riluttante ad accettare teorie convenzionalistiche: la ragione scientifica aspira a una funzione universale, a un rinnovamento culturale, politico e sociale.
Nel 1933 si recò a Vienna, dove per sei mesi partecipò alle riunioni settimanali del Wiener Kreis raccolto intorno a Moritz Schlick. Da quest’ultimo e dal suo antirelativismo, fondato sul riferimento empirico e non puramente logico della conoscenza scientifica, ereditò il riguardo per il procedimento effettivo delle scienze.
Il realismo di Geymonat era descritto da questa considerazione di ciò che trascende le operazioni convenzionali: la realtà della storia della scienza, la tensione della ragione verso l’universalità.
Comunista militante, fu tenuto lontano dall’insegnamento sotto la dittatura fascista e partecipò alla lotta di liberazione partigiana. Dopo la guerra insegnò a Cagliari, a Pavia e infine a Milano, dove fu titolare della prima cattedra in Italia di Filosofia della scienza, dal 1956 al 1979.
Gli scritti composti all’inizio degli anni ’30 si opponevano al convenzionalismo già appoggiandosi alla storicità della scienza: i risultati scientifici non sono dati definitivi, che descrivono una realtà costante al di sotto dei fenomeni; ma essi non sono neanche relativi ad assiomi puramente formali, cioè convenzionali. I risultati scientifici sono una relazione tra la conoscenza attuale e le conoscenze precedenti.
Tuttavia in questo periodo la corrispondenza tra la storia della scienza e la storicità del mondo è fondata sulla convinzione che entrambe siano dirette verso un ordine assoluto della realtà, indipendente da noi, al quale ci si va approssimando asintoticamente.
Intorno agli anni ’40 Geymonat descrive l’ordine della realtà non più come il termine asintotico della storia della scienza, bensì come l’ambito di ciò che precede ogni linguaggio formalizzato: il linguaggio comune, la vita affettiva, l’impegno morale.
Negli anni ’50 la realtà oggettiva che confuta il convenzionalismo è indicata nella stessa relazione che una teoria conoscitiva intrattiene con le teorie che l’hanno preceduta. È questa una relazione in grado di individuare un oggetto anche quando esso non è presente. Quando poi Geymonat assume che la relazione tra le teorie non soltanto procede verso linguaggi sempre più astratti e controintuitivi, ma risolve anche concreti problemi tecnici, allora l’equilibrio tra teoria e prassi si sposta a poco a poco verso la prassi marxista, che costruisce la realtà.
Nell’ultimo Geymonat la realtà oggettiva è infatti costruita dallo stesso procedimento della prassi scientifica. Perciò la prassi scientifica è criterio di verità di se stessa.
La scienza intesa come costruzione della realtà soddisfaceva l’istanza di verità oggettiva della scienza secondo una posizione estrema. Anche l’eredità storicistica del marxismo, che sosteneva la sua azione politica con la garanzia di avere dalla propria parte il senso della storia, veniva superata: il senso della storia non è garantito come già dato, ma deve essere costruito risolvendo via via problemi determinati. Il marxismo neorazionalistico dell’ultimo Geymonat rispondeva così a tutte le intenzioni precedenti: l’universalità della conoscenza, la realtà costruttiva della storia, il ripudio della necessità.
Geymonat è morto a Milano nel 1991. Le sue opere principali: Il problema della conoscenza nel Positivismo (1931); La nuova filosofia della natura in Germania (1934); Studi per un nuovo razionalismo (1945); Saggi di filosofia neorazionalistica (1953); Galileo Galilei (1957); Filosofia e filosofia della scienza (1960); Scienza e realismo (1977) e la Storia del pensiero filosofico e scientifico (1970-76, in 7 volumi).