Pietro Chiodi e la possibilità del fallimento

Chiodi

Pietro Chiodi è un’altra importante figura della scuola filosofica torinese: tra quelle che hanno esercitato un influsso sulla filosofia italiana.

Era allievo di Abbagnano, ma è stato anche vicino ai temi esistenzialistici e heideggeriani del primo Pareyson, di cui era amico, circa le condizioni di possibilità della definizione dell’essere.

Era nato nel 1915 a Corteno-Golgi in provincia di Brescia (un piccolo paese della Val Camonica che ha dato i natali anche a Camillo Golgi, premio Nobel per la medicina nel 1906). Iniziò a insegnare filosofia e storia al liceo di Alba proprio alla vigilia della guerra, nel 1939. Tra i suoi allievi, Beppe Fenoglio, che ha poi immortalato la figura di Chiodi ne Il partigiano Johnny. Scelta la lotta partigiana, arrestato nel 1944 insieme ad altri comandanti, es­sendo meno conosciuto fu l’unico a evitare l’impiccagione. Inter­nato in campo di concentramento e sofferente di una grave forma di artrite reumatica, riuscì in modo fortunoso a liberarsi per riprendere la lotta partigiana.

Dal 1955 fu libero docente di storia della fi­losofia presso l’Università di Torino; ottenne la cat­tedra di filosofia della storia presso quell’Università nel 1965. Ha tra­dotto Kant, Jaspers e soprattutto Sein und Zeit e Holzwege di Heidegger, contribuendo a creare il linguaggio della filosofia italiana del dopoguerra. Pur legato fin dall’inizio alla teoria di Abbagnano secondo cui il valore appartiene a quella scelta che rende possibile se stessa nel futuro, Chiodi ha sempre presen­tato l’istanza della responsabilizzazione della possibilità: essa non è la disponibilità sempre aperta di una nuova opportunità, ma pone di fronte a una scelta, che può condurre anche al fallimento. Le conse­guenze e i risultati della scelta fermano il processo della continua insorgenza di possibilità, costruendo realizzazioni o falli­menti.

La possibilità è fondazione, prima che eventualità per il futuro; non già fon­dazione incondizionata, bensì legata alla determi­na­zione di condizioni di possibilità che la limitano.

L’univer­salità della fondazione consiste nella partecipazione alla universalità della realtà uma­na, non alla universalità della possibilità.

Oltre a numerosi articoli sulla “Rivista di Filo­sofia” – vicina a Bobbio, Abbagnano, Geymonat: al neorazionalismo – ha pubblicato: L’esistenzialismo di Heidegger (1947); L’ultimo Heidegger (1952, 1960, 1969); La deduzione nell’opera di Kant (1961); Esisten­zialismo e fenomenologia (1963); Sartre e il marxismo (1965). Notevole è il suo diario di lotta partigiana, Banditi (1946). Pietro Chiodi è mancato il 22 settembre 1970.

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