Il cibo sognato dai bambini è un cibo felice

L'antropologa culturale Mara Francese insegna all'Università di Torino

Un libro per raccontare i cibi più amati dai bambini, dal punto di osservazione scientificamente privilegiato del reparto ospedaliero. Lo ha scritto l’antropologa Mara Francese, che insegna antropologia culturale all’Università di Torino, e verrà presentato domenica 29 settembre al “Meliga Day” di Sant’Ambrogio, alle porte della valle di Susa. I bimbi ricoverati in ospedale, magari per un’operazione chirurgica, trascorrono il periodo di degenza con l’acquolina in bocca. Non vedono l’ora di tornare presto a casa, per riprendere contatto con le loro cose ma anche per tornare a mangiare i loro piatti preferiti. Così, la professoressa Mara Francese, ha pensato bene di fare venire fuori questi cibi sognati raccogliendoli in un libro. L’idea è nata con i medici e i paramedici del reparto di chirurgia pediatrica dell’ospedale infantile torinese Regina Margherita. «I chirurghi cercano di fare vivere l’ospedale come una “casa” dove i bambini che devono essere operati possano trascorrere un soggiorno il meno angosciante possibile – ricorda la professoressa Francese – Spesso quando è ora dei pasti i bambini parlano ai genitori del cibo dell’ospedale e di cosa vorrebbero mangiare una volta guariti». Così lo staff del dottor Jurgen Scheel, con i dottori Erasmo Maiullari e Alberto Pineschi ha contattato le famiglie dei piccoli ricoverati per realizzare un libro che è servito a capire qual è l’immaginario gastronomico dei bambini e quanto le giovanissime generazioni siano ancora collegate alle proprie tradizioni familiari. «Il ricovero ospedaliero ha le sue regole dietetiche. In periodo pre e post operatorio i piccoli ricoverati devono ovviamente sottoporsi a un’alimentazione che li aiuti a superare l’intervento nel migliore dei modi. I bambini subiscono quindi un’inevitabile privazione rispetto alle loro abitudini alimentari. E spesso considerano i medici responsabili delle loro privazioni. Così abbiamo chiesto ai bambini quali ricette sognano dal letto di ospedale e gli abbiamo chiesto di disegnarle». Ne è venuto fuori, appunto, “Ricette sognate”, edito da Sabbiarossa, un lavoro che raccoglie 150 disegni con le ricette scritte dalle mamme. «Si tratta quasi sempre di piatti della festa, cioè associati a momenti di gioia, che simboleggiano anche abbondanza e la trasmissione culturale che c’è dietro ingredienti elaborati. Si va dal dolce al cioccolato, con una profusione enorme di cioccolato nel disegno, alla più semplice pizza ma da mangiare in pizzeria con mamma, papà e fratelli. Non mancano i piatti della tradizione come il cous cous oppure quelli “fast” ma che di solito sono consumati in ore felici trascorse con i genitori come l’hamburger o il pollo con le patatine». Il libro, rappresenta anche la scusa per realizzare un vero studio antropologico per cercare di interpretare attraverso i bambini la funzione del cibo. Una funzione che è nutritiva ma che è soprattutto culturale. «I bambini, anche con provenienze culturali diverse dalla nostra, disegnano quasi sempre cibi cotti. Il cibo cotto è rielaborazione culturale degli ingredienti in base alla cultura di appartenenza ma può anche testimoniare una contaminazione culturale. Per esempio, ci sono bambini che hanno disegnato il cous cous ma anche gli agnolotti». Altra testimonianza dei disegni (la forma di comunicazione più diretta, meno ragionata) è l’accostamento del cibo sognato alla gioia del momento del pranzo familiare, segna che il mangiare che rende felici i bambini è un rito dove si lasciano i problemi fuori dalla porta: non a caso le polpette sono disegnate ben disposte nel piatto, come le serve la mamma; la pizza è quella coloratissima e abbondante di ingredienti tipica dello “strappo alla regola” dell’uscita a mangiare fuori; la tavola è sempre apparecchiata come si deve; i colori sono sempre “calorici” come il rosso dei sughi o della carne. I disegni ci dicono anche che il verde delle verdure o i colori pastello della frutta non sono proprio nelle aspirazioni dei bambini. Ma anche perché, appunto, sono cibi crudi, da prendere e mangiare senza grandi elaborazioni. Non è solo una questioni di cattive abitudini alimentari. I bambini dimostrano di preferire un cibo poco “pensato”, istintivamente abbondante, conviviale e… felice.

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