Carola Barbero, il consumismo è un atto di autoinganno

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Alla base del comportamento consumistico c’è l’akrasia, la debolezza della volontà, perché vado contro il mio miglior giudizio. Quando mangio oltre misura, acquisto una bottiglia di vino eccessivamente costosa oppure frequento certi locali solo perché so che lì potrei incontrare certe persone (e non perché sono davvero interessata a come si mangia o a come si beve lì), so perfettamente che farei meglio a non farlo (per tanti motivi), però, se ho i soldi, lo faccio lo stesso.

«Il problema del consumo ostentato, che non serve a soddisfare i bisogni reali della persona, può essere annoverato tra i comportamenti irrazionali motivati. Ecco perché la questione può essere posta in questi termini:  l’individuo può riappropriarsi, in tali casi, dei propri comportamenti razionali?».

Carola Barbero, insegna filosofia dei linguaggi all’Università di Torino e sarà ospite di Pensare il Cibo venerdì 16 ottobre per parlare di consumismo e delle strategie per inibirlo. L’interrogativo della sera è proprio se è davvero possibile una società non consumista, e se sono pensabili comportamenti non consumistici in un’epoca in cui siamo quello che consumiamo.

«Siamo immersi in un sistema in cui l’interesse verso gli individui si è inesorabilmente tradotto in un interesse per i consumatori. In un certo senso, nel mondo delle tessere soci, tessere clienti, tessere sconto, nel mondo dei motori di ricerca del web e dei social media siamo diventati quello che compriamo, quello che cerchiamo, quello che desideriamo. Così la cifra dell’esistenza umana sembra essere solo possesso. Ma se fosse davvero così, se noi fossimo diventati davvero così intimamente legati a cosa compriamo, vorrebbe dire che avremmo perso la nostra natura di esseri razionali e dunque liberi di scegliere il meglio per le nostre vite. Allora, la questione è capire se è davvero questo che siamo diventati e che cosa possiamo ancora fare per (eventualmente) invertire la rotta».

Il consumo, oltre a diventare parte della nostra identità, ha anche assunto le caratteristiche di rifugio, consolazione, sicurezza. «Preferiamo l’indiscutibile sicurezza degli oggetti al rapporto con altri soggetti, che, per definizione, sono liberi e quindi anche imprevedibili. Subiamo il fascino degli oggetti in particolare nei momenti di difficoltà, quando ci sembrano gli unici punti fermi dell’esistenza. Ma noi siamo “condannati ad essere liberi”, come diceva J.-P.. Sartre, e anche quando ci piace illuderci di non esserlo, lo siamo».

Per l’economia il consumo è quell’atto che permette ad altri uomini di avere le risorse necessarie per consumare… «Certo, dobbiamo interrogarci prima se abbia senso frenare il consumismo e qual è il prezzo da pagare per una società dove ci metteremmo davvero ad acquistare solo quello che ci serve. Le ragioni dell’economia dovrebbero sposare la riacquisizione di un comportamento razionale da parte degli individui. Certo perché dalla semplice presa in giro del soggetto che crede siano reali dei bisogni che in realtà sono fittizi, si è passati al più palese autoinganno per il quale è il soggetto stesso che crede (e al contempo non crede, infatti si autoinganna) di avere dei bisogni che in realtà non ha. Il punto è: quanto serve questo autoinganno? E poi: non dovremmo mirare a riacquistare la razionalità e a riappropriarci quindi della nostra libertà?».

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