Augusto Del Noce: distinguere la verità nella storia

Del Noce

Augusto Del Noce, nato a Pistoia nel 1910, frequentò il liceo D’Azeglio a Torino, dove si era trasferito con la famiglia. Al liceo D’Azeglio erano gli anni di Augusto Monti – ma Del Noce non fu suo allievo – e della formazione di quell’ambiente che ha segnato la cultura italiana del dopoguerra: Bobbio, Pavese, Mila, Felice Balbo, Ginzburg, Antonicelli, Einaudi, Galante Garrone. Con Bobbio e Balbo Del Noce rimase sempre in contatto. All’Università di Torino fu allievo di Adolfo Faggi – con cui si laureò nel 1932 con una tesi su Malebranche -, di Erminio Juvalta e di Carlo Mazzantini, il quale era solo libero docente ma era molto seguito, e molto ammirato dallo stesso Del Noce. Prima della guerra, attraverso la lettura di Maritain, maturò una posizione antifascista che muoveva da istanze cattoliche: il rifiuto dell’idealismo in nome del realismo della rivelazione. In questo periodo sembrò a Del Noce di trovare in Marx il critico dell’idealismo che avrebbe potuto purificare anche il cristianesimo imborghesito dal fascismo. Fu quindi vicino a Felice Balbo e a Franco Rodano, che avrebbero espresso alla fine della guerra il Manifesto dei cattolici comunisti. A quell’epoca però Del Noce aveva già ripudiato questa lettura del marxismo, rovesciandola nella tesi secondo cui esso costituiva il culmine di un processo anticristiano della modernità. Il marxismo e l’idealismo erano tappe del razionalismo, che concepisce la storia dell’Occidente come un corso necessario verso la progressiva eliminazione della trascendenza. Perciò al criterio di verità il marxismo sostituisce il criterio dell’aggiornamento: è vero – o meglio, valido, ‘progressivo’ – ciò che asseconda l’inarrestabile processo verso l’immanenza, l’unica moralità consistendo nell’essere in pari con la storia. A questa logica del superamento il razionalismo è condotto dalla sua preliminare assunzione della condizione attuale dell’uomo come sua condizione normale, secondo il rifiuto di considerare lo straordinario del Peccato originale. Il quale invece, a fondare il pensiero della trascendenza, vuole affermare che la condizione attuale dell’uomo ‘non è tutto’. Costruendo una filosofia attraverso la storia della filosofia, Del Noce ha infatti inteso mostrare che nella filosofia moderna ‘vi è anche altro’ oltre al progressivo cammino verso l’immanenza, una linea alternativa. Il suo proposito è stato di declinare la filosofia dell’essere della tradizione aristotelico-tomistica secondo un principio temporale: mostrare come la filosofia che indica le strutture eterne dell’essere possa comprendere la storia dell’Occidente. Mazzantini e Balbo erano tesi alla ‘comprensione’ del movimento dell’esistenza, intesa nella sua libertà o nel suo carattere pratico-realizza­tivo; Del Noce voleva comprendere la storia. E’ morto a Roma il 30 dicembre 1989. Le sue opere principali: Il problema dell’ateismo (1964); Riforma cattolica e filosofia moderna, I, Cartesio (1965); L’epoca della secolarizzazione (1970); Il suicidio della rivoluzione (1978); Il cattolico comunista (1981); Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea (1990, postumo).

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